LA TRAVERSATA DELLO SPECCHIO
Dalla trasformazione alla mutazione
Virginie Duchaine, 26 maggio 2014
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Da una ventina d’anni, il mio percorso personale e professionale mi ha portato ad accompagnare un gran numero di persone sul cammino del ritorno verso di sé. Nel corso di questo processo, ho vissuto numerosi cambiamenti e sconvolgimenti sia interiori che esteriori, che hanno contribuito abbondantemente all’esplorazione di un tema così prezioso ai miei occhi: l’espressione e la manifestazione della nostra umanità nell’esperienza della nostra incarnazione terrestre.
Nel settembre 2013, una frase pronunciata in un sogno sembra indicarmi che una nuova tappa si profila all’orizzonte. In questo sogno dico che avrei accompagnato le persone nella loro traversata dello specchio. In un primo tempo, la semplicità di questa frase è stata sconcertante, ma nelle settimane successive ha fatto scattare in me una retrospettiva delle mie osservazioni ed esperienze sia personali che professionali riguardanti i molteplici atteggiamenti e comportamenti umani che ostacolano le dinamiche relazionali sane, che ancora oggi sono così tormentate e strazianti.
Eppure, secondo me, lo spazio relazionale è il solo spazio dove l’essere umano percepisce appieno ciò che è, e chi è veramente. Il senso di questo spazio si riassume essenzialmente nel lasciare che la Vita si manifesti in noi e attraverso noi tramite i diversi scambi che intratteniamo con il nostro universo interiore ed esteriore. Questo spazio di incontro con l’Uno favorisce l’espansione della Presenza Io Sono con la percezione della connessione profonda che ci unisce tutti.
Bisogna però constatare che la maggior parte degli esseri umani non sono affatto in relazione con se stessi e ancor meno con le persone che frequentano, per la maggior parte del tempo sono piuttosto nella reazione. Ne consegue che le interazioni reali e autentiche con il loro ambiente siano molto limitate. Le numerose trappole personali e relazionali derivanti da questa mancanza di contatto con se stessi dimostrano l’esistenza di lotte interiori devastanti sul piano umano; non possiamo sottovalutarne l’influenza sulla nostra realtà interiore. Basta osservare i numerosi conflitti mondiali ed eventi drammatici che avvengono attualmente sulla Terra per constatare che in ognuno di noi persiste una disarmonia disastrosa.
La presenza di tali lotte interiori, siano esse provenienti da memorie di esperienze passate oppure da programmi inculcati e mantenuti da numerose manipolazioni esterne, intralcia in particolare, e talvolta moltissimo, l’accesso allo spazio relazionale. L’esperienza della Presenza Io Sono è – per così dire – diluita da questa mancanza di consapevolezza di sé, che genera poi diversi blocchi che ostacolano l’esplorazione e l’approfondimento della conoscenza di sé.
È ovvio che questa difficoltà di essere in una relazione autentica con se stessi ostacola l’esperienza personale della Vita, il che potrebbe spiegare il motivo per cui molte persone non si abbandonano alla Vita e sembra invece che si trovino in uno stato di sopravvivenza. Vero è che l’essere umano dispone di molti meccanismi utili per la sopravvivenza in alcune situazioni, ma il loro uso deve essere temporaneo. Restare in un tale stato di sopravvivenza comporta numerose conseguenze nefaste, sia dal punto di vista globale che specifico.
Il rifiuto di aprirsi alla vita diventa un freno all’evoluzione globale della persona, poiché ogni giorno mantiene il livello vibratorio al livello più basso. Lo stato di sopravvivenza si trasforma in modo insidioso in uno stato di schiavitù. i tentativi smisurati e quasi disperati di essere all’altezza dei criteri di una cosiddetta normalità si moltiplicano e dimostrano l’ignoranza della vera storia dell’umanità. Gli esseri umani devono ricordarsi e rendersi conto che le norme alle quali tentano di aderire, di fatto sono state create e imposte da esseri le cui motivazioni non riguardano in alcun modo l’evoluzione della nostra umanità, e ancor meno il benessere di tutti noi. Del resto, tutto è stato fatto per mantenere l’essere umano in uno stato d’ignoranza, rendendolo così più malleabile. La persona quindi tenta di diventare normale, ma si perde completamente, non le viene neanche più in mente di essere semplicemente umano, e di conseguenza dimentica l’essenziale della vita: la Vita stessa.
Sulla Terra c’è un tale livello di impoverimento relazionale che è facile comprendere le cause di un cambiamento radicale di diversi valori: per esempio, da molto tempo la nozione di qualità è stata soppiantata dalla quantità, in molti campi.
La maggior parte delle persone sono prigioniere in quello che chiamo il corridoio della vita, dove subiscono le traversie della loro “incarcerazione” nella dimensione terrestre, senza percepire il senso profondo dell’incarnazione attuale. La mancanza del senso della vita e più specificamente della propria vita non può che creare confusione e scompiglio nelle persone rese fragili dalla perdita di punti di riferimento sani.
In effetti, le persone non distinguono più in modo chiaro i propri veri bisogni e si aggrappano a desideri o fantasmi irrealistici, che in fin dei conti riescono solo ad intensificarne le insoddisfazioni personali e relazionali. Solo nel corridoio della vita una persona moltiplica i tentativi di successo o di esplorazione tendenti a provare che è qualcuno. Ho incontrato un numero sbalorditivo di persone che si davano da fare con varie pratiche, il cui scopo inconsapevole era la giustificazione della propria esistenza o presenza sulla Terra. Dietro questa pretesa – assai poco velata ad un occhio attento – si cela una grande insicurezza. Più spesso per questo motivo che per altri, la persona cerca informazioni che possano svelare la grandezza e/o la potenza della propria anima. Questi atteggiamenti rivelano un’evidente mancanza di conoscenza di sé. La persona non si riconosce veramente, poiché non si conosce, e dunque non riesce a percepire il valore del proprio Essere.
Questa mancanza di conoscenza di se stessi si esprime specialmente quando le persone manifestano sentimenti di abbandono, di dubbio e di paura. In questi momenti, la persona si allontana da se stessa e cerca all’esterno risposte o persone che possano alleviare le proprie miserie. L’aspettativa, d’altronde, costituisce il denominatore comune delle esperienze vissute a metà in questo famoso corridoio della vita. Chi di noi non ha già provato la spaventosa impressione di essere abbandonato, perso nel bel mezzo del nulla?
Dal punto di vista umano, sono queste sensazioni che accentuano l’impressione di un vuoto incommensurabile. L’esperienza di queste sensazioni, anche se sgradevole, permette comunque di comprendere che l’illusione del fattore tempo condiziona le numerose aspettative umane. Ho constatato molte volte che nel corridoio della vita, in pratica il fattore tempo soppianta completamente quello dello spazio. Eppure nella dimensione umana il tempo esiste solo per permetterci di esplorare il cammino che ci conduce alla Vita.
Il corridoio della vita è costituito soprattutto da barriere che alimentano anche l’illusione della separazione, isolando la persona nel vissuto delle proprie diverse esperienze umane. E più spesso che altrimenti, si ritrova a lottare o a cercare di controllare le numerose insicurezze, frustrazioni e ansie. Questi diversi tentativi di controllo intensificano e moltiplicano le paure che sono all’origine di tutte le reazioni di chiusura e di giudizio. Nel corridoio della vita, le persone si ostinano a rifiutare di aprirsi all’esperienza di tutte le angustie umane. Non vogliono essere angustiate interiormente né vogliono angustiare gli altri. Questa grande paura delle tribolazioni nasconde solo la paura di creare. Tutte le paure umane rivelano di fatto l’esistenza di una sola e grande paura: la paura di vivere. Eppure l’incarnazione terreste non è certo una condanna, è un invito vibrante di proposte diverse, ma ha solo un obiettivo preciso: la vostra partecipazione alla creazione.
Nel corridoio, la persona si dissocia dalle proprie verità interiori e talvolta aderisce, suo malgrado, a parametri cui finirà per credere ciecamente. Fare, avere successo, il bene e il male, avere, senza dimenticare l’illusione del fattore tempo, non sono che alcuni esempi tra tanti altri paramenti che alterano lo sguardo delle persone verso l’universo.
In un tale stato di confusione, è difficile se non quasi impossibile riconoscere e incontrare il nostro vero essere. La persona, privata in qualche maniera di se stessa, tenta di sminuire il senso di sofferenza, di solitudine, i propri dubbi e le numerose incomprensioni, adottando moltissimi meccanismi di difesa. L’utilizzo di questi meccanismi accentua l’illusione di questa trappola che è la chiusura come misura di protezione, aumentando molto la distanza che separa la persona dal proprio centro, da se stessa e dagli altri.
Le numerose reazioni verso i propri universi interiori ed esteriori si succedono ogni giorno e rendono la persona fragile, seminando una confusione marcata a livello della propria conoscenza e comprensione delle sorgenti reali dell’esistenza e del persistere dei propri stati di mancanza e di sofferenza
La proiezione è un meccanismo molto usato dalla gran parte degli esseri umani. Questo meccanismo consiste nel proiettare sugli altri tutte le parti di sé che rifiutiamo di riconoscere e naturalmente di percepire in noi. L’origine delle esperienze vissute e percepite in una certa forma di sottomissione, viene considerata come esterna ed indipendente dai propri pensieri, emozioni ed azioni. In questa prospettiva, l’universo esteriore è responsabile di tutte le sventure, mentre l’altro è colpevole in parte o completamente di tutto ciò che sentiamo. La causa delle nostre mancanze e frustrazioni è percepita come conseguenza dell’incompetenza personale e relazionale dell’altro.
È utile approfondire come agisce questo meccanismo, poiché la proiezione in tutte le sue forme, dal sottile al grottesco, condiziona in modo pernicioso la maggior parte delle nostre esperienze personali e relazionali. La proiezione provoca una deviazione del flusso energetico verso il mentale e limita in modo considerevole lo sguardo della persona. Questa trappola altera la centratura della persona e il contatto con se stessa e con gli altri. Quando la proiezione è inerente a una chiusura, a blocchi psicologici, affettivi e/o energetici, crea una marea di pensieri, di credenze, di sensazioni ed emozioni che a loro volta alimenteranno numerose reazioni. Questo processo genera una ripetizione di scenari frustranti, che contribuiscono in modo incessante ad allontanare la persona dalla sua vera natura e dal sentire la propria essenza.
In concreto, il meccanismo di proiezione è onnipresente negli esseri umani, non importa quale sia il loro livello di coscienza. Nella coscienza collettiva, le persone sono state incoraggiate a credere solo a ciò che vedono e l’accesso alle esperienze dei mondi sottili è stato loro molto limitato. Nelle persone che hanno intrapreso un cammino personale di trasformazione, l’apertura della consapevolezza permette loro, per così dire, di vedere prima ciò che credono, ma pochissime persone sono consapevoli che vedono solo ciò che pensano. E siccome i meccanismi della proiezione inquinano il pensiero umano, poche persone sfuggono all’influenza di questa trappola, di cui non si può negare l’impatto nelle dinamiche personali e relazionali.
L’esempio più comune di questo meccanismo si manifesta in modo concreto all’inizio di una relazione amorosa. In quel momento, si ha la tendenza a vedere solo gli aspetti gradevoli dell’altro, deformando la percezione degli aspetti giudicati più sgradevoli. A seconda dell’evoluzione della relazione, più o meno in fretta si verifica un’inversione di questo meccanismo: ovviamente sono gli aspetti sgradevoli che ci accecano. Talvolta si arriva anche più lontano, perché anche ciò che ci sembrava affascinante può diventare insopportabile. Ciò dimostra che un semplice pensiero può cambiare radicalmente ciò che viene percepito. Questa distorsione che deriva da una valutazione soggettiva della qualità dei contatti vissuti con l’altro, limita moltissimo lo sguardo della persona. In queste condizioni, la proiezione raggiunge il culmine ed è praticamente impossibile prendere una certa distanza per comprendere meglio la dinamica relazionale.
Insisto ancora e sempre sul fatto che non importa se le credenze veicolate dal mentale sono negative o positive, l’effetto e le conseguenze sono le stesse … sempre le stesse: le esperienze non avvengono nello spazio dell’Uno, bensì nel corridoio dell’inconscio.
Per fortuna disponiamo di molti mezzi di trasformazione: l’auto-osservazione e l’uso dell’effetto specchio ci permettono di raccogliere informazioni preziose che agevolano una conoscenza approfondita di sé. Riappropriarsi di certe parti di sé significa iniziare un incontro con tutti gli aspetti della nostra personalità, della nostra anima, di tutto il nostro essere.
Accogliere tutti questi aspetti, senza giudicare, porta ad una liberazione dei blocchi che ci scompaginano e alimentano la confusione in noi stessi. La centratura diventa più spontanea e naturale; soprattutto, l’apertura anima ogni giorno le nostre esperienze e scegliamo di non accettare più di sostenere certi ruoli limitanti per la nostra evoluzione.
Guardarsi nei nostri diversi specchi è dunque una tappa imperativa in questo viaggio del ritorno verso se stessi. Durante il processo di trasformazione, la persona sceglie e facilita l’incontro con le proprie parti inconsce, rimaste fino ad oggi ben annidate nell’ombra delle nostre ombre, a poco a poco abbandona le modalità reattive ed ogni volta penetra un po’ di più nello spazio relazionale.
Il carattere ridicolo della forza di volontà di fare, di piacere, di apparire ecc. si delinea nella persona che a partire da quel momento percepisce e riconosce di più la sua reale natura che si volge verso l’apertura e la condivisione.
Abbiamo un bisogno impellente di osservare i nostri specchi fino al momento in cui accettiamo di vivere un faccia a faccia con noi stessi. Si tratta di ritrovarsi davanti al proprio specchio centrale, per aprirsi ad un incontro intimo con se stessi, e poi percepiremo tutte le nostre possibilità. La tappa successiva ha bisogno di un balzo fenomenale, di un salto quantico. La scelta è inequivocabile: l’Essere. Essere è osare vivere, sentire e quindi incarnare pienamente, intensamente e liberamente il nostro divenire.
Quando la persona attraversa lo specchio, essenzialmente vive l’inversione del processo di proiezione: è l’esperienza intima dell’ultima introiezione, nel senso che la nostra coscienza entra in unione con la nostra Presenza Io Sono. Una iperconcentrazione della nostra coscienza completamente presente si manifesta in un solo punto centrale, nel cuore stesso del nostro Essere. Pertanto ci si sente allo stesso tempo dappertutto. Si tratta dell’esperienza del sentire allo stato puro, esperienza non più alterata dall’illusione della separazione e di conseguenza della distanza tra tutti. La persona non considera più il legame, né tanto meno spera o attende questo legame, ma sente, fino a divenire questo legame che unisce tutte le particelle dell’universo. Non si identifica più con qualche credenza o programmazione che ridiventano ciò che sono: polvere di memorie …
Lo sguardo è molto diverso, poiché la persona cessa di farsi abbindolare da semplici immagini desuete e prive di un senso profondo. Da moltissimo tempo ci sono numerose manipolazioni che spingono le persone a credere a ciò che non ha senso, ad attaccarvisi e ad aggrapparvisi disperatamente, in attesa del benessere e della felicità.
Dall’altra parte dello specchio, lo sguardo che scopre l’apertura ci offre molte nuove prospettive. Il mentale e l’emozionale sovraccarichi non interpretano più alcuna informazione. Le informazioni raccolte riflettono semplicemente le verità universali.
Si percepiscono le esperienze umane liberamente e profondamente, senza peraltro identificarvisi. Si diventa l’esperienza e si captano una realtà e una verità fondamentali: noi non siamo l’esperienza, noi siamo l’apertura, il supporto materializzato che permette al nostro essere profondo di sperimentare la dimensione umana. In questo spazio possiamo veramente misurare l’incommensurabile gioco cosmico.
La percezione di questa consapevolezza esclude inevitabilmente tutte le propensioni della personalità umana per i diversi fantasmi. I desideri inconsci della persona di essere riconosciuta e amata influiscono molto sulla maggior parte degli atteggiamenti e comportamenti. I sentimenti di inferiorità e di superiorità che ne derivano spingeranno la persona a fare innumerevoli richieste insensate.
La traversata dello specchio permette l’apertura essenziale per riconoscere l’importanza e il valore di ciò che È. Si tratta dell’esperienza dell’umiltà, poiché in questo stato di consapevolezza la persona non è più spinta da desideri irrealistici scollegati dalle leggi universali. Dall’altra parte dello specchio non c’è nessun fantasma né dimostrazione. Con questa connessione intima con l’Essere si manifesterà semplicemente una voce potente ed è questa voce che vi indica la Via. Essa vi chiama a voi stessi. Essa vi ricorda semplicemente che non cesserete mai di essere. Di certo la personalità umana a momenti sembra rifiutare di partecipare a questo gioco cosmico, ma nulla ferma la Vita. Non importano le vostre difficoltà e tormenti: la vostra vera ricerca è la stessa e il vostro essere profondo continua la propria Esperienza.
Con Amore
Virginie Duchaine
Contatti al 25/09/2015
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