Gran Sasso: un laboratorio di Fisica Nucleare che violenta l’Italia! ALTRO

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25.8.16
GRAN SASSO: UN LABORATORIO DI FISICA NUCLEARE CHE VIOLENTA L’ITALIA!
di Gianni Lannes 

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Tutto brevettato negli Stati Uniti d’America (incluso Eastlund nel 1987) e certificato dalla documentazione militare dell’US. Air Force, nonché di numerose università nordamericane. Dal rilascio di chemtrails che rendono l’aria maggiormente elettroconduttiva, in modo tale da consentire alle onde elf di penetrare nel sottosuolo al fine di provocare terremoti, previa sollecitazione delle faglie sismiche attive a livello superficiale. Ecco perché gli ipocentri sono così limitati (4-10 chilometri in media) e standardizzati dalle impostazioni dei riscaldatori ionosferici. quindi si aziona il bombardamento con le onde ELF quando i sismografi rilevano le prime scosse. L’effetto è devastante perché si compie un’amplificazione, a pochi chilometri sotto la crosta terrestre, di un fenomeno naturale già in atto che, di per sé, non cagionerebbe un gran danno perché i terremoti naturali avvengono in profondità. Potenziare un terremoto naturale non lascia prove della manipolazione, è il delitto perfetto. Cosa può provocare movimenti tellurici, in linea retta, come in uno schema matematico-geometrico? Solamente una macchina per i terremoti pilotata da un computer che calcola basandosi su un modello teorico, anche in tempo reale. I fatti dicono che il giorno prima del terremoto qualcuno ha notato nell’Italia centrale uno tsunami elettromagnetico. Se tu vedi delle nubi non conta. Conta che dopo questa segnalazione c’è stato un devastante terremoto proprio nelle zone dove veniva segnalato un bailamme di fulmini senza tuoni. Una coincidenza?

Il 19 luglio 2001, a Genova, durante il famigerato G8 e la contestuale mattanza dei pacifisti, l’allora primo ministro Berlusconi ha sottoscritto un accordo segreto sulla sperimentazione climatica con l’inquilino della White House, tale Bush junior. All’affare partecipano da allora INFN, INGV, CNR, FIAT (editore del quotidiano La Stampa che nega ovviamente l’evidenza, ora accorpato dai De Benedetti); Ansaldo Nucleare,n Enac, Enav, Aeronautica Militare (a cui è demandato il controllo virtuale dello spazio aereo), eccetera. Vale a dire quelli che controllano prevalentemente l’economia, l’editoria, i mass media e l’ambito militare in Italia per conto della NATO (da cui tutti prendono ordini: quelli in doppiopetto istituzionale, quelli in divisa d’ordinanza e quelli in camice bianco in particolare i sismologi istruiti annualmente dagli esperti bellici dell’alleanza atlantica). Anche altre ex nazioni europee hanno siglato accordi segreti e separati dello stesso tenore con lo zio Sam.

Il bombardamento elettromagnetico e l’irrorazione del territorio italiano è decollata a tutti gli effetti, nel gennaio 2002, anche se già nel 1963 Nasa e Max Planck Institute condussero un esperimento segreto sulla Sardegna, con dispersione del tossico bario. In tal modo, gli effetti distruttivi nel belpaese non si sono fatti attendere, come attesta la stessa ordinanza del presidente del consiglio dei ministri, datata 23 ottobre 2003, nonché la sequela di atti parlamentari (interrogazioni ed interpellanze) che dal 2002 ai giorni nostri sono state presentate sulla guerra ambientale in atto, e in gran parte non hanno avuto risposta da governi eterodiretti di tutte le salse.

Non è tutto. «Dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico ambientale nel territorio delle province di L’Aquila e Teramo interessato dagli interventi necessari alla messa in sicurezza del sistema Gran Sasso» è il titolo di un decreto del presidente del consiglio dei ministri 27 giugno 2003 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale numero 154 del 5-7-2003), in cui è scritto:

«Rilevato che, in data 16 agosto 2002, all’interno dei laboratori di fisica  nucleare del  Gran  Sasso, durante  la  fase  di test di un impianto   di   filtrazione   e  purificazione  della  pseudocumene, nell’ambito dell’esperimento denominato Borexino, si è verificato un incidente  comportante  lo sversamento  nel pozzetto di drenaggio di circa 50 litri di detta sostanza chimica; Considerate le caratteristiche  geomorfologiche del territorio in cui  e’  localizzato il succitato laboratorio e nel quale è presente la rete idrica che alimenta l’acquedotto Ruzzo; Considerato  che allo scopo di verificare eventuali commistioni tra le  acque  di raccolta dello stillicidio all’interno del laboratorio e l’acqua potabile  destinata al consumo umano, sono state effettuate delle  indagini commissionate dall’azienda consortile dell’acquedotto del  Ruzzo  di  Teramo,  dalle  quali  è emersa la sussistenza di un collegamento  idraulico  ed idrogeologico tra tutte le sorgenti e gli sbarramenti che hanno costituito oggetto di studio; Preso atto del provvedimento in data 28 maggio 2003 del giudice per le  indagini preliminari di  Teramo,  con  cui e’ stato disposto il sequestro preventivo della sala C dei laboratori del Gran Sasso; Constatato   che  in  data  18 giugno  2003  durante  le prove  di monitoraggio  effettuate dai  tecnici  della  commissione  è  stata ritrovata  una  sostanza  del  tipo  diisopropilnaftalene nelle acque destinate al consumo umano; Considerata  la  necessità  di  contenere gli effetti di eventuali sversamenti di sostanze pericolose proprie delle lavorazioni in corso all’interno del  laboratorio  attraverso l’adozione di  misure  di prevenzione dei fenomeni di inquinamento, di messa in sicurezza degli impianti    e,   se del   caso,  mediante   opportuni   interventi infrastrutturali; Considerato  che,  nonostante tutte le forme di controllo attivate dalla  regione  Abruzzo  al  fine  di  mettere  in sicurezza l’intero sistema  Gran Sasso, è  necessario  porre  in essere interventi di carattere straordinario, al fine di superare il contesto emergenziale in atto; Considerata,  quindi,  la ineludibile esigenza di definire un piano globale  di messa in  sicurezza  dell’intero  sistema,  al  fine di prevenire eventuali danni alla salute pubblica … Decreta: Ai sensi  e  per  gli  effetti  dell’art.  5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in considerazione di quanto in premessa, e’ dichiarato,   fino   al   30 giugno   2004,  lo  stato  di  emergenza socio-ambientale nel territorio delle provincie di L’Aquila e Teramo della  regione  Abruzzo  per le  parti interessate dagli interventi necessari alla messa in sicurezza del sistema Gran Sasso.  Il  presente decreto  verrà  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.  Roma, 27 giugno 2003 Il Presidente: Berlusconi».

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=56D067C0105CD699D3DA4ABBB3A849D7.ntc-as2-guri2a?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2003-07-05&atto.codiceRedazionale=03A07953

Il giornale L’unità del 10 settembre 2002 titola: «Gran Sasso, stop agli esperimenti Trovate tracce di inquinamento delle falde acquifere, la perdita causata da errore umano durante un esperimento Fermi sine die i laboratori che utilizzano sostanze tossiche, appello del Wwf».

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E per non farci mancare nulla emergono perfino le ecomafie istituzionali. Ecco quanto si legge nell’interrogazione a risposta scritta numero 4/06719 del 24 giugno 2003, a tutt’oggi senza risposta:

«Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che: il Corpo Forestale dello Stato, a seguito di una indagine, ha rinvenuto e sequestrato in una discarica abusiva, nella provincia di L’Aquila, tonnellate di rifiuti tossici provenienti dai laboratori dell’Istituto di fisica nucleare del Gran Sasso; il materiale tossico era stato abbandonato in tre località: Tempera, Sassa e Pettino, in quest’ultimo caso nelle vicinanze dell’ospedale San Salvatore; in alcuni fusti di plastica è stato rinvenuto olio misto a Trimetilbenzene, parte del materiale tossico è finito anche nel terreno; si tratta dello stesso olio che secondo la Direzione dei laboratori del Gran Sasso era stato versato «per errore umano» in un tombino e che si era infiltrato nella falda idrica che alimenta gli acquedotti abruzzesi; le sostanze tossiche scoperte in tre discariche abusive sono un pericolo per l’uomo in particolare per il possibile inquinamento delle falde acquifere; l’Istituto di fisica nucleare del Gran Sasso si era rivolto ad una ditta de L’Aquila per smontare e smaltire un macchinario utilizzata per l’esperimento «Macro», compresi i rifiuti tossici contenuti nei fusti, la ditta incaricata attraverso imprese subappaltanti avrebbe dovuto trasferire tutto in discariche autorizzate, in realtà l’olio tossico e nocivo è in parte finito in discariche abusive e in parte a due raffinerie di Milano e Napoli che lo hanno acquistato come olio «puro»; già lo scorso 29 maggio 2003 il corpo forestale aveva sequestrato la sala C dei laboratori del Gran Sasso a seguito della verifica delle regole di sicurezza riscontrate assenti, e per questo l’attività di ricerca sospesa e i laboratori chiusi -: se i Ministri interrogati non ritengano necessario e improrogabile procedere all’immediata messa in sicurezza dei laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare del Gran Sasso; quali iniziative intendano intraprendere affinché fatti come quelli accaduti in relazione allo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi dei laboratori del Gran Sasso non abbiano più ad accadere in quanto rappresentano un rischio gravissimo».

Il sito online dell’Istituto nazionale di fisica nucleare snocciola la seguente pappardella in pasto ai creduloni:

 «I Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), uno dei quattro laboratori dell’ INFN, sono i più grandi laboratori sotterranei del mondo in cui si realizzano esperimenti di fisica delle particelle, astrofisica delle particelle e astrofisica nucleare. Situati tra le città di L’Aquila e Teramo, a circa 120 km da Roma, i Laboratori sono utilizzati come struttura a livello mondiale da scienziati provenienti da 22 paesi diversi; attualmente ne sono presenti circa 750 impegnati in circa 15 esperimenti in diverse fasi di realizzazione. Le strutture sotterranee sono collocate su un lato di un tunnel autostradale lungo 10 chilometri che attraversa il Gran Sasso, direzione Roma, e consistono di tre grandi sale sperimentali, ognuna delle quali misura circa 100 m. di lunghezza, 20 m. di larghezza e 18 m. di altezza e tunnel di servizio, per un volume totale di circa 180,000 metri cubi. I 1400 m. di roccia che sovrastano i Laboratori costituiscono una copertura tale da ridurre il flusso dei raggi cosmici di un fattore un milione; inoltre, il flusso di neutroni è migliaia di volte inferiore rispetto alla superficie grazie alla minima percentuale di Uranio e Torio presente nella roccia di tipo dolomitico che costituisce la montagna. Compito dei Laboratori del Gran Sasso è di ospitare esperimenti nel campo dell’ astrofisica nucleare e fisica delle particelle… Principali argomenti di ricerca dell’attuale programma sono: la fisica dei neutrini naturalmente prodotti nel Sole e in esplosioni di Supernova, e lo studio delle oscillazioni del neutrino attraverso un fascio di neutrini provenienti dal CERN (programma CNGS), la ricerca della massa del neutrino in decadimenti doppio b senza emissione di neutrini, la ricerca sulla materia oscura e lo studio di reazioni nucleari di interesse astrofisico».

Questo laboratorio è sotto la tutela del ministero della difesa, ovvero della guerra sotto mentite spoglie, differentemente da tutti gli altri laboratori di ricerca italiani. E non vi è modo che un ente indipendente o civile possa accedervi per controlli, in violazione della convenzione europea di Aarhus, ratificata dalla legge italiana 108 del 2001.

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Il piano di emergenza esterna della prefettura dell’Aquila, sia pure datato, avverte che si tratta di un impianto a rischio di incidente rilevante:

«L’attività di detta Azienda risulta, allo stato attuale, soggetta agli obblighi di cui agli art. 8 del D.Lgs. 334/99 e successivo D.Lgs. 238/2005 di modifica ed integrazione, in quanto in essa sono depositate sostanze pericolose in quantitativi tali da rendere possibili scenari incidentali significativi ai fini della pianificazione di emergenza esterna».

 I laboratori sotterranei dell’Istituto nazionale di fisica nucleare sono fra i più grandi e importanti del mondo e si trovano a circa 1.400 metri nel cuore del massiccio roccioso centrale del Gran Sasso, sotto la vetta del Monte Aquila, e si articolano in tre sale sperimentali, lunghe 100 metri per 20 di larghezza e 20 di altezza. All’interno sono montati macchinari per le rilevazioni sulle particelle che riescono ad attraversare la massa di roccia della montagna, che di fatto filtra o addirittura elimina quelli che vengono chiamati “rumori di fondo”, permettendo di studiare processi fisici molto rari o difficili da scoprire. Qui lavorano circa 60 persone, men tre altre 20 fanno capo ad aziende esterne  che  collaborano  regolarmente  per  i laboratori, ai quali si aggiungono ogni anno circa 500 ricercatori, provenienti da tutte le parti del mondo.

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Ricapitolando in sintesi. Alle  10,20  del  16  Agosto  2002,  nella sala C del Lngs si verifica un incidente durante la fase di test di un impianto di filtrazione e purificazione della pseudo- cumene (ossia trimetilbenzene 1, 2,3: una sostanza largamente utilizzata nella produzione di resine ma che in laboratorio serve per rivelare i neutrini): circa 50 litri di questa sostanza raggiungono un pozzetto di raccolta delle acque reflue e da qui si riversano nel torrente Mavone. L’incidente  rende  evidenti  le  falle  e  i potenziali pericoli del sistema di filtrazione e purificazione dell’acqua di lavorazione (ne serve molta per gli esperimenti e per il raffreddamento delle apparecchiature),  perché  si  sono rilevati  più punti di contatto fra la condotta  di  scarico  dei  laboratori  con  la falda che alimenta l’acquedotto del Ruzzo, ed anche con la rete stessa dell’acquedotto.

Per questo, nel maggio 2003, il giudice per  le  indagini  preliminari di  Teramo dispone il sequestro preventivo della sala C, spingendo tutte le autorità – locali e nazionali – a un intervento concreto, e per ora concordato, di messa in sicurezza dell’intero sistema. Nel giugno 2003, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dichiara Area di emergenza socioeconomico  e  ambientale  il  territorio delle province dell’Aquila e di Teramo,  portando  alla  nomina di un Commissario straordinario  con  il  compito  di  definire l’esatta consistenza  dell’incidente  e  le  cause  che  l’hanno determinato, e di predisporre poi un piano di interventi per la bonifica delle aree eventualmente inquinate e il superamento definitivo dell’emergenza. Il  tutto  da  avviare  entro  il  dicembre 2005,  quando termina lo stato  di  emergenza,  utilizzando poteri straordinari di protezione civile.

Strettamente collegato al sistema Gran Sasso è il progetto di un terzo traforo, previsto dalla legge 366 del 1990, che ha stanziato 110 miliardi di lire per realizzarlo;  il  progetto  è  rimasto  però  sulla carta, per la forte opposizione degli enti locali  e  delle  associazioni ambientaliste, e così è ancora, nonostante nel 2001 sia stato inserito fra i progetti prioritari della Legge Obiettivo. I motivi di tanta opposizione riguardano innanzitutto il sistema idrogeologico del Gran Sasso e i danni creati con la costruzione dei laboratori e delle due gallerie autostradali. L’acqua del Gran Sasso alimenta infatti gran parte degli acquedotti che  servono  le  province  di  Teramo, L’Aquila e Pescara, ed è destinata all’uso quotidiano di circa 1milione di persone oltre  che ai  due principali poli economici della provincia di Teramo, quello agroalimentare e quello turistico.

I lavori hanno però intaccato le potenzialità di questo enorme bacino, ritenuto    il  più  grande  serbatoio  idrico d’Abruzzo e fra i maggiori d’Italia: secondo un dossier del Wwf, gli scavi  hanno determinato  la  perdita di enormi quantità di acqua, che nella fase di cantiere ha raggiunto i 2.150 litri al secondo  sul  versante  teramano e  750 litri al secondo su quello aquilano (con conseguente allagamento delle gallerie e  sospensione  dei  lavori);  uno  studio eseguito nel 1983 dalla Compagnia mediterranea prospezioni, per conto della Cassa per il Mezzogiorno, ha poi rilevato un abbassamento della falda acquifera di circa 600 metri (dagli originari circa  1.600  metri  agli  attuali  1.060), con conseguente flessione della portata delle sorgenti, variabile dal 25 per cento  di  quella  del Pescara  al  60  per cento di quelle del Ruzzo e di Casale San Nicola. L’Aquila rimanga senza acqua in primavera e  nei  periodi di secca, mentre Teramo non riesce a soddisfare  le  necessità  della  costa se non con la depurazione di acque superficiali. Davanti a un danno così profondo sono evidenti le preoccupazioni per ulteriori scavi nella stessa area.

Ed è istruttivo il seguente atto parlamentare:

«Interrogazione a risposta in Commissione 5-01995 presentata da NICOLA CRISCI mercoledì 14 maggio 2003 nella seduta n.309 CRISCI, MARIOTTI, BORRELLI e BELLINI. – Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. – Per sapere – premesso che: il 16 agosto 2002, nel corso delle attività di sperimentazione e ricerca che si svolgono presso i laboratori dell’Istituto Nazionale di fisica nucleare (INFN) nel Gran Sasso d’Italia, si è verificato lo sversamento di liquidi riversatisi nel fiume Mavone, affluente del fiume Vomano, in provincia di Teramo; a seguito di questo incidente l’Amministrazione Provinciale di Teramo ed il WWF Abruzzo hanno avviato una procedura giudiziaria e la magistratura ha aperto un’inchiesta tesa ad accertare la verità sulla dinamica dei fatti accaduti il 16 agosto 2002; con ordinanza del 27 dicembre 2002 il Presidente del Tribunale di Teramo ha nominato consulente tecnico d’ufficio (CTU) l’ingegnere Berardo Naticchia con l’incarico di procedere all’accertamento sull’apparato sperimentale «Borexino» per verificare se da esso si fosse determinato il 16 agosto 2002 lo sversamento di liquidi individuando gli elementi ed il luogo degli scarichi; in data 29 aprile 2003 è stata depositata la relazione di accertamento tecnico preventivo redatta dall’ingegner Naticchia e nelle conclusioni rassegnate dal C.T.U. sono state esposte, tra l’altro, le seguenti considerazioni: a) che effettivamente vi è stato uno sversamento di liquidi, confluiti nell’impianto di smaltimento e di lì in parte direttamente nel sistema idrico esterno ed in parte verso i circuiti dell’impianto della centrale idrica; b) che sorgono dubbi circa la completezza della ricostruzione fornita dagli operatori dei Laboratori dell’I.N.F.N., anche perché il registro delle annotazioni non è integro e talune annotazioni sembrano apposte in tempi non sincroni con gli accadimenti; c) che vi sono sostanziali discordanze, per ciò che riguarda i liquidi sversati, tra le affermazioni degli operatori dell’I.N.F.N. e le risultanze del C.T.U., in quanto compaiono sostanze non compatibili con le operazioni descritte e riportate nel log-book dell’I.N.F.N.; d) che altri aspetti, emersi durante le operazioni di accertamento, destano particolare preoccupazione in quanto non hanno trovato da parte del C.T.U. una inequivocabile spiegazione e potrebbero richiedere ulteriori approfondimenti; è appena il caso di ricordare che l’incidente del 16 agosto è il primo che viene portato compiutamente all’attenzione dell’opinione pubblica, ma è necessario non dimenticare che solo nel corso dell’esperimento MACRO, svolto dal California Institute of Technology, si sono determinati ben dieci «processi anomali» con perdite di olio ed altre sostanze, secondo i dati rilevati sul sito web del CALTECH ed inoltre che, all’interno dei laboratori del Gran Sasso, sono stoccati ingenti quantitativi di sostanze ritenute pericolose; le conclusioni a cui perviene il C.T.U. rafforzano una serie di interrogativi sulla valutazione dell’entità del rischio per la popolazione e per gli stessi addetti ai laboratori, sul grado di pericolosità derivante da reazioni ed interazioni tra le sostanze utilizzate e l’ambiente, sulla possibilità di inquinamento delle falde acquifere con conseguente perdita di preziosa acqua potabile, sull’esistenza di piani di emergenza e sull’efficacia del sistema dei controlli praticati -: se non ritengano necessario assumere ogni utile provvedimento teso ad eliminare la persistente situazione di pericolo, anche attraverso la immediata sospensione delle attività di sperimentazione dell’I.N.F.N. nei laboratori del Gran Sasso d’Italia e, nel contempo, predisporre gli atti necessari alla sola realizzazione delle opere funzionali alla messa in sicurezza definitiva dei laboratori, attraverso l’utilizzo delle risorse economiche previste dalla Legge n. 366 del 29 novembre 1990.(5-01995)».

Riferimenti:

Pubblicato da Gianni Lannes a 17:58
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Gianni Lannes, Biografia e bibliografiaDal 1987 svolge in Italia e all’estero il mestiere di giornalista e fotografo freelance. Ha lavorato nei settimanali “Avvenimenti”, “L’Espresso”, “Panorama”, “Famiglia Cristiana”, “Io Donna”, “D – la Repubblica delle Donne”, “Il Venerdì di Repubblica”, “Diario”. Ha scritto inoltre per i mensili “Airone”, “La Nuova Ecologia”, “Medicina Democratica”. Attualmente dirige il giornale on-line “Italia Terra Nostra” e collabora col quotidiano “La Stampa”, nonché con la RAI Radiotelevisione Italiana.

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